Rocco da Manacore - Gruppo Alpini Arcade


Associazione Nazionale Alpini


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Rocco da Manacore

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ASSOCIAZIONE NAZIONALE ALPINI
Sezione di Treviso e Gruppo di Arcade

PREMIO LETTERARIO
Parole Attorno al Fuoco
PREMIO NAZIONALE PER UN RACCONTO SUL TEMA

“La Montagna: le sue storie, le sue genti, i suoi soldati, i suoi problemi di ieri e di oggi”

XVI EDIZIONE - Treviso, 6 gennaio 2011
Segnalato

Rocco da Manacore

di Fregonese Annalisa - Oderzo (TV)



Era proprio quello che gli ci voleva.
Quel chiosco in altura sul mare, dove il profumo del caffè si mescolava a quelli della macchia mediterranea. Fichi, oleandri. Rosmarini, gelsomini. L’elegante fiore del cappero e il salmastro del mare che saliva sin lassù, inoltrandosi per un tratto della strada forestale che portava al cuore del Gargano. La lue del mattino scintillava sulla distesa marina, con un movimento ritmico che cullava l’animo. Non ci aveva pensato due volte quando aveva saputo che per quel chiosco cercavano un gestore: anelava alla quiete, troppi gli anni passati in Libano, Somalia, Iraq, Afghanistan.
Troppe le morti che aveva visto, gli agguati, i terroristi, i fanatici. Cercava un posto dove riordinare le idee, l'aveva trovato. Essere alti, biondi, con lo sguardo azzurro in una terra dove la maggior parte dei maschi era di pelle olivastra e aveva gli occhi neri non lo aiutava. Si sentiva uno straniero fra la sua gente, poco importava che sapesse benissimo d'avere i normanni fra gli avi. Era stato questo uno dei motivi fondamentali che l'avevano spinto ad arruolarsi, poi a frapporre fra lui e la gente di Peschici migliaia di chilometri. Essere un soldato straniero in terra straniera: paradossale, lo sapeva, ma l'essere in un luogo dove nessuno badava al suo aspetto lo faceva sentire più a casa lì che non fra la sua gente. Gli piaceva quella minuscola baracca di legno con il tetto in lamiera e la scritta "caffè - gelati". Era piazzata in un posto strategico: all'incrocio fra la strada forestale che per una sessantina di chilometri s'inoltrava nel Gargano e la pista in terra battuta che scendeva alla spiaggia di Manacore.
I clienti non mancavano: famigliole che acquistavano gelati ed acqua prima di andare al mare; ciclisti - esperti e dilettanti-che in sella ad attrezzate mountain bike s'inerpicavano per la strada forestale; automobilisti in transito sulla provinciale litoranea che si fermavano per domandare informazioni. Aveva aperto solo da poche settimane e gli abitanti del posto ne sembravano contenti. A giudicare dai titolari del minimarket che non mancavano di fare una puntatina da lui quasi ogni mattina fino ai direttori degli alberghi che gli mandavano i turisti alla ricerca di qualcosa di alternativo alla spiaggia.
Per lui, Rocco, era un risultato notevole. Ora che tra i capelli biondi s'intravvedeva qualche filo grigio, voleva ritornare ad essere figlio della sua terra, dopo tanti anni di lontananza. Il dolce ritmo della risacca l'aiutava a riordinare i pensieri, ad allontanarsi dalle scene di guerra alle quali aveva partecipato. Dimenticare no, lo sapeva non sarebbe stato possibile. Confinare invece quegli episodi in un angolo remoto del cervello ed impedire loro di uscirne, se non raramente, già questa gli pareva un 'impresa più realizzabile.
Il sole non dava tregua in quella mattinata di luglio. Dardeggiava alto nel cielo, trasformando il mare in uno smeraldo da mille e mille sfaccettature. Guardò il termometro: 38° gradi. Il calore non era opprimente, grazie ad una lievissima brezza che spirava dalla spiaggia. La calma lo circondava amica. Nell'aria aleggiava il profumo dell'oleandro, le cicale frinivano allegre. Difficile pensare ad uno scenario più idilliaco, eppure i suoi nervi erano tesi allo spasimo. Fiutava il pericolo, inquieto come una gazzella che avverte a distanza l'odore del leone. Girò due volte attorno alla baracca, quasi temendo di avvertire un talebano armato di coltello assalirlo alle spalle. Non riusciva a capire dove si celasse l'insidia. Coloro che, quella mattina, erano transitati dinanzi al suo chiosco rientravano nella normalità più perfetta:
Genitori che spingevano un passeggino; un uomo a bordo di uno scooter passato veloce; una bimba rincorreva una palla sgridata dal papà; una decina di cicloturisti tedeschi che avevano fatto una buona scorta di acqua; una squadra di scout - erano lupetti - accompagnati da due ragazze che l'avevano salutato con gioia prima di affrontare il sentiero che penetrava nel Gargano.
Non c'era nulla che non andasse in loro. Un momento: l'uomo con lo scooter. Occhiali scuri, berretto calato sulla testa, fra le gambe una tanica. Era sfrecciato via senza un cenno di saluto, aveva dato gas al motore e ciò era molto strano. Perché lo salutavano tutti, anche gli automobilisti sia pure solo con un cenno del capo. Lo scooter aveva imboccato la strada forestale, lasciandosi dietro una nuvola di polvere. Quanto meno uno screanzato che non teneva conto dei ciclisti, degli scout che sicuramente avrebbe incrociato. Una nota stonata, un buco nero in quella mattinata di sole.
Infilò la mountain-bike, deciso a togliersi quel tarlo che gli trapanava la mente. Seguì la traccia che il battistrada dello scooter aveva lasciato sulla pista polverosa. Pedalava svelto, senza fatica, non aveva mai smesso di tenersi allenato. l minuti trascorrevano a manciate, ormai s'era inoltrato da un pezzo nel bosco, l'ombra dei pini marittimi era piacevole.
Ne avvertì la presenza prima di vederle. Un odore acre, ma non spiacevole, simile alla resina che bruciava. Dopo una svolta sulla linea del suo orizzonte comparvero tre colonne di fumo. Distanti fra loro, una più alta delle altre. Segno che il fuoco era stato acceso in tre momenti e punti diversi. L'allarme gli sciabolò il cervello: stavano incendiando il bosco. La fronte imperlata di sudore, senza smettere di pedalare, trasse dalla tasca il telefono cellulare. Il numero della Guardia Forestale era fra i primi ad esservi memorizzato. "Sono Rocco - gridò alla voce che rispose - Rocco da Manacore. Il bosco sopra Peschici sta bruciando. Mandate i pompieri, presto ... ". Le parole gli morirono in gola, il fumo stava cominciando a raggiungerlo. Puntò verso la colonna di fumo meno alta, l'ultima ad essere stata accesa.
Il piromane era a pochi metri da lui e non s'era accorto del suo arrivo. Aveva lasciato lo scooter, a piedi spargeva con dovizia sugli arbusti ciò che rimaneva del contenuto della tanica. Rocco lo assalì alle spalle. "Bastardo, figlio di puttana - gridò il normanno - chi ti ha pagato per distruggere la nostra terra ... Chi???". Urlava Rocco mentre l'altro si dimenava cercando di portare la mano alla tasca. Il soldato percepì il freddo del metallo, fu lesto a strappargli la pistola. La scagliò lontano senza mollare il piromane, colpendolo poi con una gragnola di pugni. Stremato alla fine il piromane cadde sulle sue ginocchia. Rocco si guardò attorno vide la corda con la quale aveva legato la tanica allo scooter. "Non immaginavi eh, che sarebbe servita per legare te? Bene, la userò proprio per questo". L'altro non fiatava guardandolo con gli occhi dilatati. Gli legò saldamente le mani dietro la schiena, poi i piedi e infine, con l'ultimo pezzo di corda rimasto lo assicurò ad un tronco. L'incendio stava avanzando. "Volevi giocare col fuoco -lo schernì Rocco -. Ora vedrai cosa succede quando si scherza col fuoco ... ". Lesse il terrore negli occhi del piromane. Era determinato a lasciarlo lì, gli sarebbe servito da lezione, eccome! Sapeva in cuor suo che i forestali non avrebbero tardato,ma non lo disse all'uomo.
Tornò alla sua mountain bike e la sua vista fu annebbiata dall'immagine di un gruppo di scout vocianti e allegri che salivano le pendici del bosco. La squadriglia aveva sicuramente compiuto un buon tratto di cammino, per sua sfortuna doveva trovarsi oltre la cortina dell’incendio. Accerchiata dalle fiamme, impaurita, incapace di decidere da che parte dirigersi, quale direzione prendere, in gravissimo in pericolo. Riprese il telefono. "Sono sempre io, Rocco - abbaiò al centralinista della Forestale - sulla montagna ci sono dei ragazzi, almeno una ventina. Non li ho localizzati, si trovano oltre l'incendio. Mandate delle ambulanze, io vado a cercarli ". Percepiva in sottofondo parecchio rumore, trambusto. L'allarme incendio era scattato. Rifletté: quale direzione poteva aver preso il gruppo? Erano giovanissimi, le guide poco più grandi di loro. Risolse che non potevano aver preso sentieri impervi, perciò puntò la mountain-bike verso la vecchia strada che s'inerpicava sulla montagna. Pedalò per circa un chilometro, il fumo si faceva sempre più denso, lo infastidiva parecchio. Finalmente li vide: addossati ad un'alta parete di roccia sgombra di vegetazione, alle loro spalle i pini marini, la macchia mediterranea, gli arbusti bruciavano a velocità preoccupante. Lo guardarono come se fosse apparso un fantasma. "Ragazzi - esordì Rocco - dobbiamo andarcene e alla svelta. Se il fuoco ci accerchia siamo finiti". Chiese loro se avessero dell'acqua. Meno male, erano tutti provvisti di una borraccia. Fece inzuppare berretti e bandane; la coperta che si erano portati per la notte andava indossata a mo' di mantello, per ripararsi dal fuoco. Rapidamente, esortandoli ad aver coraggio, Rocco mise la squadriglia in marcia. Una la direzione: bisognava scendere alla spiaggia, là sulla lingua sabbiosa il fuoco non avrebbe potuto nuocere loro. Tossendo, sputando, graffiandosi braccia e gambe sui rovi, qualcuno piangendo, altri lamentandosi, altri ancora ammutoliti dallo spavento, i bambini seguivano Rocco, le due guide scout chiudevano il gruppo. Avanzavano di metro in metro fra mille difficoltà, il fumo sempre più denso, i piedi che si scottavano urtando i tizzoni ardenti. Stavano procedendo troppo piano, il fuoco stava avanzando più svelto di loro, di quel passo non sarebbero mai giunti alla spiaggia in tempo. "Bisogna trovare una scorciatoia" rifletté Rocco. Mentre li esortava a non fermarsi, si sovvenne del "fiordo". Era uno strettissimo braccio di mare che s'inoltrava fra la costa, incuneandosi fra due alte scarpate. Ci andava a giocare da ragazzo, l'aveva chiamato così per tenersi bene a mente i fiordi norvegesi che aveva studiato in geografia e che non aveva mai visto. Cercò di orientarsi: il fumo e il bosco che bruciavano lo confondevano. Eppure non doveva essere lontano da lì. Piegò a sinistra, poi a destra, poi ancora a sinistra, constatando che la macchia mediterranea si faceva più rada, gli alberi scarseggiavano. Stava per giungere alla scarpata, i ragazzi erano dietro di lui. Eccolo! Vide il fiordo, la spuma delle onde che s'infrangevano sulle rocce. In quel punto il mare era piuttosto profondo, la corrente impetuosa, ma doveva tentare.
Sull'altra riva, a poche centinaia di metri, c'era la torre Usmai, costruita centinaia d'anni prima quale luogo d'avvistamento dei pirati saraceni. Era in ottimo stato, una robusta costruzione in muratura. Là dentro sarebbero stati al riparo e i soccorsi avrebbero potuto raggiungerli via mare. "Ragazzi, chi di voi sa nuotare?" chiese con noncuranza. Gli scout lo guardarono sorpresi e poi, allibiti, volsero gli sguardi al mare. Le onde sbattevano violente sugli scogli, attraversare lì era una pazzia. "Non abbiate paura, non vorrete mica finire arrosto? - scherzò -. Sapete, quand'ero come voi, forse addirittura più giovane di voi, venivo sempre quaggiù a fare il bagno. Se ce l'ho fatta io allora, ce la potete fare anche voi". Nascose la sua preoccupazione nel tono gioviale: non potevano restare lì, avrebbe significato morte certa. Per asfissia o per le ustioni, c'era poco da stare allegri. Per fortuna quasi tutti i ragazzi avevano fatto dei corsi di nuoto. Solo i più piccoli - fra i 7 e gli 8 anni - pur sapendo stare a galla, ancora non erano ben padroni dei loro movimenti. Decise di attraversare con loro per primi: aveva le energie intatte, gli sarebbero servite tutte. Si spogliarono, entrarono in acqua. Lottava contro la corrente, sospingendo i ragazzi, leggeri come piume sull'acqua. Ancora due metri, un metro, finalmente la riva. Ordinò loro di aggrapparsi agli scogli, mentre dall'altra scogliera, un "hurrà" urlato a squarciagola gli confermò che l'impresa era ben riuscita. Si ributtò in mare, la corrente lo stremava ma riuscì a tornare dal primo gruppo. Scelse altri tre ragazzi, tornò in acqua. Così per due, tre, quattro volte. Ad ogni traversata una buona fetta della sua energia se ne andava. Era sfinito. Ben lo compresero i quattro scout più le guide che erano rimasti per ultimi. I più grandi, i più bravi nel nuoto, un paio avevano pure fatto delle gare. "Rocco - gli gridarono - resta dove sei. Non venire qui. Ce la facciamo da soli, aspettaci su quella riva". Con ardimento gli scout si buttarono in mare. Una, due, tre bracciate ... procedevano lentamente, lottando contro le onde. Erano arrivati circa a metà del percorso quando Rocco si rese conto che non ce la potevano fare. S'era levato il vento, buttava le onde contro i ragazzi, ricacciandoli indietro. Respirò profondamente, affrontò il mare. Li raggiunge: con immane fatica, il fiato che si faceva sempre più corto, i muscoli che non rispondevano, li sospinse verso riva, centimetro dopo centimetro, un tempo che gli parve infinito. Il cuore gli martellava nel petto, il corpo scollegato dai comandi del cervello. Sentì gli scogli affiorare, le rocce taglienti che gli straziavano la carne, vide il mare tingersi del rosso del suo sangue. I sensi lo stavano abbandonando, lottò disperatamente per rimanere cosciente. Sentì di venir trascinato rudemente sulla sterpaglia, udiva sempre più lontane le grida dei ragazzi: "Rocco, Rocco non te ne andare, Rocco ce l'abbiamo fatta, Rocco non puoi morire adesso. Roccoooooo ..... ".

Lacrime silenziose rigavano il volto della donna, segnato dal tempo e dal dolore. A Rocco, dopo l'inferno di fumo e fiamme, dopo la calura e la terra riarsa, sembrarono quella rugiada che l'avrebbe riportato alla vita. "Mamma ... " mormorò, stupendosi di quanto fioca fosse la sua voce. "Shhh - la donna lo acquietò carezzandolo, come quando da piccino stentava ad addormentarsi - shhh, non ti agitare. Va tutto bene, hai salvato tutti .... :". "Anche il piromane?" chiese Rocco esitante. "Anche lui. In pratica è stato il primo ad essere raggiunto dai soccorsi. I Carabinieri te ne sono grati. Sta cantando come un gallo quel delinquente. Al solito, dietro, ci sono la speculazione, sporchi interessi. E' questa una tragedia immensa per la nostra terra. Sono morte due persone, in auto avevano tentato di percorrere la strada provinciale, senza rendersi  conto che passava proprio attraverso il bosco incendiato. Migliaia di ettari della nostra splendida macchia mediterranea sono andati in fumo. Non voglio neppure pensare a ciò che avrebbe potuto accadere se tu, dal tuo chiosco, non ti fossi ricordato di quei ragazzini. Non avessi lottato, rischiando la tua vita per salvarli. Ora riposati, guarirai. I medici dicono che ci vorrà del tempo, alcune ustioni sono profonde, ma ne verrai fuori. Al paese la gente non fa che chiedermi di te”. Rocco sentì che finalmente la sua anima errante aveva trovato casa. Se pure alto, biondo e con gli occhi azzurri, a Manacore adesso era uno di loro. Un soldato, un normanno, finalmente ora al paese capivano che era sempre stato uno di loro. Riuscivano a vedere nella sua anima andando oltre gli occhi azzurri, i capelli biondi. Anni di lontananza e differenza erano stati spazzati via dal suo coraggio. Poteva essere ancor più fiero, ora, di chiamarsi “Rocco da Manacore”.
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