Il calore rubato - Gruppo Alpini Arcade


Associazione Nazionale Alpini


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Il calore rubato

Tutte le edizioni > Edizione01
ASSOCIAZIONE NAZIONALE ALPINI
Sezione di Treviso e Gruppo di Arcade

PREMIO LETTERARIO
Parole Attorno al Fuoco
PREMIO NAZIONALE PER UN RACCONTO SUL TEMA

“La Montagna: le sue storie, le sue genti, i suoi soldati, i suoi problemi di ieri e di oggi”

I EDIZIONE - Arcade, 5 Gennaio 1996
Primo classificato

Il calore rubato

di Enrico Brambilla - Almenno San Bartolomeo (BG)



- Guarda, nonno, scende la neve!...-
Il bimbo sgranava contro la finestra uno spalanco d'occhi a cogliere la meraviglia. Parava alle tempie le mani come volesse comprendere, tra le palme trepide, tutto il nitore contenuto nella lastra di vetro, tutti i sospiri levati al cielo nella mattinata e che ora tornavano giù, lenti, candidi, silenti fiocchi di preghiera esaudita. Di nuovo, non seppe trattenere lo stupore:
- Nonno... E’ vero che sono gli angeli a spiumarsi?!...
Sfiniva il giorno in un grembo di bragia dove il ciocco di frassino stizziva indorando la buccia dei marroni.
«... anche sulla strada di Schokken le piume di Troni, Dominazioni, Serafini volteggiavano con un suono d'arpa lugubre di vento della VIistola. E gli angeli neri, corvi dal canto rauco, imbrattavano i rami crocefissi alla luna d'una scala di note inchiostrate nel buio della guerra. Era aduso .... un teatro di tragedia innevata dove il miracolo sarebbe stato un raggio di sole; l'illusione che accendeva nelle memorie senza speranza barlumi di caldo, voci d'estati lontane ...».
- E quanta, nonno!... Fiocchi grandi così!!!
Pollice ed indice a cerchio, all'altezza degli occhi, l'iridi dei bimbo sgranavano, nell'occhiale da gioco, un palpitare di ciglia che sfarfallava la densità della nevicata. All'esterno la sclera che invadeva un umore di ghiaccio, rivolta al camino s'accendeva invece la pupilla con la fiamma e la figura del vecchio prono a rivoltare il crepitio delle castagne. Aveva sussultato Candido; un attimo di smarrimento annegando nello sguardo del nipote, volto alla finestra, chiaro e vitreo come lo sguardo perso di...
«... Lunga la marcia da Schokken a Lukenwalde, lungo il calvario di Stajkowo, di Seikow, di Rosko, e dolorose le cadute degli uomini sulla Via Crucis d'un’agonia crocifissa da chiodi di ghiaccio. Patetica e delirante, la voce dei morti in cammino lamentava: Vor der Kaserne / vor dem grossen Tor / stand cine Laterne / und stcht sie noch davor...
Pozze, rigagnoli, specchi 'di fiumi ghiacciati e il lago vitreo degli occhi arrovesciati di chi, esalava un’anima di brina, crollava sul dorso nella neve, di neve lo sguardo perso...».
Un usignolo trillò incrinando la quiete che fioccava. li bimbo nettò coi gomito la lastra, schiacciò il naso contro la condensa che rugiadava sulla finestra, fu ansioso di cogliere sui rami del pino che imbiancava, il pulsare della gola insanguinata. Rubini di bacche erano accesi tra gli aghi. L’uccello, di nuovo, cantò e parve inventarsi una parabola di suono che d'un battito colse rifugiandosi nel folto del bosco Distante, l'intrico degli alberi sfumava la sera incipriandosi d'una canizie che sapeva di tristezza e vecchiaia. S'era volto il bimbo e, al vecchio che svegliava faville tra le caldarroste, compatì.
- Nonno, il bosco è come te... E così invecchiato, ora...
«... Una colonna di vecchi ventenni in marcia, le rughe fonde e lo sconforto, la canizie di neve, la sorpresa amara di scoprire sul volto dei morti il belletto d'una gioventù livida e bluastra... Ricordava, era stato come misurare la temperatura dell'agonia, il termometro a spilla che segnava 19 gradi sotto zero... E anche il respiro suonava incrinandosi al suolo con tintinnio di moneta... E il passo scandiva una felpa di fantasmi senza più alcuna voglia di vivere ...».
Erano pronte le castagne. Ne palleggiò due tra le mani, soffiò a raffreddarle, la buccia sbriciolava tra le dita la fuliggine degli anni obliati e, (... a Wurgarten l'delusione d'un falò durante una breve sosta, bisognava affrettarsi, i Russi erano alle spalle...), passò la mano alla fronte ad obliare quei lampi d'antico. Il bimbo rise.
- Nonno!!!... Ma cosa combini?!... Sei tutto nero!!!...- Rideva ancora nettando dalle rughe del vecchio gli sbaffi di nerofumo di cui s'era tinte le mani. Una pezzuola di frescura, il palmo del nipote molceva la ferita dei ricordi. La voce, il bimbo pretendeva con quei bistro segnare le guance rosse con tatuaggi d'indiano sul piede di guerra, acuta e di cristallo, gli rinnovò la memoria della scheggia di ghiaccio, infranta dal torrente, infilata lama tra le labbra per succhiare un sorso di vita.
«... Era un pugnale, affondato in gola, il cuneo di ghiaccio. Sgozzarsi per spegnere l'arsura, il bruciore incredibile che raggelava le membra... Così, la testa levata nel bere, un foglietto inchiodato alle rovine d'una casupola, ne aveva attirato l'attenzione. Nulla di particolare, una farfalla infilzata al muro, una velina di calendario, una data...
JANUAR
30 DIENSTAG
Tag der Machtergreifung
1933 Adolf Hitler wird Reichskanzler
Il delirio di chi sta per morire? Il gesto inconsulto di chi ha nella mente il freddo della neve?... L’alpino s'era avvicinato e, letto il nome, d'istinto una bile gli era montata in gola, un grumo alle labbra, uno sputo di ribellione raccolto con le misere forze ... ».
Forse il nipote gli leggeva nel pensiero che, chino ad imbragiare le guance, s'accaniva di sputi sulla stizza d'una fiamma. Sfrigolava la saliva, svaporava crepitando sul punto annerito del tizzone, tondo come un buco ...
«... tondo come il foro dell'arma del tedesco che, '...schnell! schnell!...", pungolava alla rinnovata marcia e, resosi conto del- l'oltraggio al Fuhrer, copriva la bestemmia rancorosa con il crepitio della raffica...".
Il buio era raccolto di consistenza sul limitare rossastro del camino. Un altro ciocco era finito nel fuoco e guizzi di luce lambivano la finestra innevata. Pareva che il calore volesse scavalcare la balaustra, infrangere il vetro, invadere a campagna e accendere suoni dorati nel trillo dell'usignolo che ora lamentava al buio. Il canto, un filo invisibile, tratteneva stancamente l'aquilone della finestra come un sogno di luce.
Candido aveva slacciato le scarpe del bimbo, tolte le calze tutto il giorno trascorso ad infradiciarsi nella guazza dei campi e, avvicinata la sedia al camino, aiutava il benessere del fuoco sfregando tra le grandi mani i piedi dei picco.
- Nonno, mi fai il solletico!!!...- rideva questi e, una fontana di trilli, spruzzava dalla bocca allegrezza e polpa di castagna. Scalciava, mulinava l'aria.
«... Il tremore degli arti, la buffa capriola nella tragicità della morte. L’alpino aveva scalciato la neve, solo un attimo, prima d'irrigidirsi, prima d'arrovesciarsi sul cumulo di pietre. Alle labbra, non un impasto di farina dolce, ma, sottile, una stalattile di sangue. Ne rivedeva gli occhi arrovesciati, andati a nascondersi dietro le palpebre quasi che, rifiutato quel paesaggio d'inverno, vedessero all'interno della testa la memoria di stagioni tiepide, il verde dell'erba, le immagine per sempre fissate di grano indorato e papaveri accesi.
Candido aveva avuto un brivido, non certo paura, ma un tre- mito intenso di pietà che sconfinava nel sacrilegio poiché, tra una vita da prigioniero ed il sollievo d'una morte sfociata nel colore dei sogni, intuiva che questa fosse il temuto limite da varcare in un attimo incosciente incontro all'unica speranza di libertà. A lui, invece, toccava sopravvivere...
Toccava tacitare il rombo di sconforto, l'impossibile ribellione a mani nude, ponendo attenzione al blocco di ghiaccio che palpitava nel cuore, irradiava per le vene, s'induriva negli arti torpidi, smoriva soprattutto nei piedi stanchi, ormai insensibili così bendati, da lebbroso, in volte e volte di bende e stracci. Gli scarponi del morto, invece, erano di cuoio... Le suole, come cingoli rivolti all'aria, scure e dense d'un calore di carbone .. ».
- Nonno, a cosa pensi? –
Cantilenò:
- Questo è caduto nel pozzo, questo l'ha tirato fuori, questo l'ha asciugato, questo ha preparato la zuppa ed il mignolino se l'è mangiata...-
Il nipote rise, divincolò il piede e le dita rosee come chicche tra quelle grosse ed annerite dei vecchi.
«Livido, il piede nudo, piccoli e lividi i piedi dell'alpino morto; a cui Candido sfilava gli scarponi. Piedi di fanciullo, indifesi ... Piedi da solletico, da gioco, da filastrocca... Piedi di Infante ... Così, ricordava, chiamavano il morto gli altri prigionieri e non sapeva dire se fosse nome o indulgenza della giovane età... Piedi ai quali aveva rubato il calore... Piedi che salutavano, la marcia ripresa, nel buio più simili ad una mano paffuta ... ».
Paffuti i piedi del nipote, il vecchio li portò alle labbra e li baciò.
Freddi e d'un gusto di neve.
- Nonno, perché tanti baci? E piangi?!...-
- Nulla, Infantino, nulla...-
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