Alpini vi odio - Gruppo Alpini Arcade


Associazione Nazionale Alpini


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Alpini vi odio

Tutte le edizioni > Edizione07
ASSOCIAZIONE NAZIONALE ALPINI
Sezione di Treviso e Gruppo di Arcade

PREMIO LETTERARIO
Parole Attorno al Fuoco
PREMIO NAZIONALE PER UN RACCONTO SUL TEMA

“La Montagna: le sue storie, le sue genti, i suoi soldati, i suoi problemi di ieri e di oggi”

VII EDIZIONE - Treviso, 28 ottobre 2001
Segnalato

Alpini vi odio!

di Luigi Toiati - Roma



Alpini vi odio. Voi, quel vostro cappellaccio, quel sorriso falso appiccicato in faccia. Quel vostro andar su e giù a far finta di far del bene. Rattoppare chiese, aiutare gli infermi. Salvar la roba. La roba, chissà se ve ne resta un po' in tasca. Tu qui sbarbatello, cò 'sta faccia da fesso, cosa mi vuoi rubare, cosa mi stai frugando addosso? Perfino mi stai legando. Me, una vecchia, eccoli qui, gli alpini, che legano le vecchie per rubare quella poca roba. Che schifo. Vi odio, alpini, vi odio.
Stai buona nonna, nessuno vuol rubarti niente. Non ti sto legando, non ti faccio nessun male. Sto allacciandoti un salvagente, tutto qua.
Un salvagente, Alpino, ladro e stupido per giunta. Cos'è, la mia casaccia è diventata l'Andrea Doria, andiamo in crociera?
Si nonna, in crociera ci stiamo andando. Nel sonno tanta gente è andata in crociera stanotte e non tornerà più. Mentre dormivi per la pioggia è straripato tutto, e la diga non ha tenuto. Dio sa quanti ci son rimasti. Ma tu nonna l'hai scampata, abbiamo visto 'sta casa coi miei compagni, io son venuto per salvarti, loro hanno proseguito, e tra un po' verranno a tirarci fuori.
Ma cosa vai dicendo, acqua, salvare, cosa biascichi in quella boccaccia. lo sto... ahi, ahi madona!
Ferma nonna ferma, è li il problema, hai una gamba rotta, Un po' di tetto è venuto giù per il tempaccio, e ti ho tolto di dosso i calcinacci. Pensavo, nonna, che eri morta.
Che morta e morta, ahi, che morta e morta! E poi nonna chiamaci tua nonna, specie di gallinaccio, tu e la tua penna.
Ascolta, io devo portarti fuori di qua. Se si rompe l'argine alla mola, e ne ha tutta l'aria, facciamo i palombari, io e te. Se non te ne sei accorta, l'acqua sale. Senti, ma perché ce l'hai con noi alpini?
Ma cosa vuoi? Che ti importa? Cosa vuoi sapere? Chi m'ha preso il marito, il figlio? Che ne sai tu?
Chi, noi? Gli alpini?
Si, voi gli alpini. Tutt'e due m'avete preso. Ai vostri comodi. Adesso chiamavate per aggiustar il ponte crollato; e la domenica per riparare il tetto della chiesa; e perché c'era da aiutare la Pina che è sulla sedia a rotelle; e il mulo di Giovanni, perso e da ritrovare. E tutto quel bene da fare, quel bene. Ma al bene mio, chi ci pensava?
Vieni nonna... oh, scusa. Ce l'hai un nome?
Maria, mi chiamo, attento, reggimi, ho male, reggimi.
Ecco, così, poggiati a me, così, adesso usciamo, piano.
Così, attenta a 'ste robe, galleggiano ma se ci sbatti fanno male. Allora, 'ste chiese, i ponti?
Si, le chiese, i ponti. Poi il marito me lo avete chiamato in guerra. L’ultimo anno, partito volontario, non gli bastavano neanche gli anni: pochi per partire, abbastanza per mettermi incinta. Partì che ero di due mesi. Erano partiti lo zio, i fratelli, tutti alpini, bella roba! Ma quelli son tornati, lui no... Yugoslavia, Albania, so niente, è restato là. E io, a me chi ci pensava?
Dai, continua a parlare Maria, raccontami, ora usciamo, ecco ... Signore che sfacelo... mamma quant'acqua.
Dio mio, ma com'è successo?
Te l'ho detto, Maria, gli argini son crollati... l'ultimo tiene, ma ti dico la verità, non so per quanto. Reggiti a me, i soccorsi arrivano.
Ma l'acqua sale, imbecille, non la vedi? Era alle gambe, ce l'ho alla pancia.
Dai, Maria, cònteme. Tuo marito è morto in guerra.
Si, la guerra degli alpini, l'han voluta loro, per portarmelo via, farlo morire. E così mio figlio. Portato via pure lui.
Perché, cosa gli abbiam fatto noi alpini a tuo figlio?
Cosa fai, prendi in giro? Ma si può sapere cosa vuoi da me, cosa sei venuto a fare, chi t'ha chiamato, gallinaccio?
L’idea era quella di non farti affogare, Maria, ma se continui a chiamarmi gallinaccio ho paura che qui ti ci lascio. E comunque mi chiamo Bepi, non gallinaccio.
Ecco bravo, vedi, vai al salvataggio perché vuoi la medaglia, l'applauso! Tutti a inchinarsi davanti alla tua penna nera, bravo, bravo. Bepi, l'eroe!
Vabbeh, Maria, pazienza, ma mentre s'aspetta un aiuto, qui, me lo dici che gli abbiam fatto a tuo figlio?
lo glielo dicevo, di lasciarvi perdere, a voi alpini. Da ragazzino, sempre a razzolarvi intorno. E voi, figurarsi se vi facevate scappar l'occasione di farvi fare un servizio, porta 'sto mattone qui, prepara la calce là, pulisci, alza, abbassa. E le vostre riunioni: lui li con quel maledetto cappellaccio del padre in testa. Glielo aveva riportato "il" zio, capisci? E a me invece del marito m'era restato il cappello! Io glielo dicevo, glielo dicevo a lui, ma niente. Arrivò l'età da militare. Alpino, si capisce. Volontario, si capisce. Figlio unico di madre vedova, vedova di guerra? Fa niente, parto, parto, aspettatemi, eccomi... e a me, a me chi ci pensa?... Cos'è 'sto rumore, cos'è quello?... o Signore, che roba è?
Calma, calma, è un elicottero, è venuto per noi. Il tempo di buttarci giù una corda, un canotto. Vieni, andiamogli incontro. Allora, tuo figlio?
Gino andò in Friuli, a salvar gente, a seguire voi penne nere, alpino anche lui. Tirò fuori gente da una casa, poi quelli si contarono e scoprirono che mancava la nonna. Una vecchiaccia di cent'anni, di sicuro! La lasciasse stare! E invece no. Gino torna in casa, e in quel momento... la scossa. E' venuto giù e... oh Dio Signore... adesso di cappelli con la penna nera in casa ce ne sono due.
Maria, non piangere. Mi fai pensare a mia mamma. Anche lei sempre in pena, sai. Non vorrebbe che fossi qui... E dai, se io non ci fossi a te chi ti salverebbe? Se le dessi retta, se tutti noi alpini dessimo retta a chi ci vuol bene e ci vorrebbe a casa, che succederebbe... e poi, è te che han visto mentre morivano tuo marito e tuo figlio, lo capisci o no? E poi... guarda, Maria, han buttato giù il battello! Adesso ... oh Dio potente!... Il rumore, senti 'sto rumore? Vieni... qui stretta.... E’ l'argine, ha ceduto... attenta ... qui... ecco... forza, sul battello, si, così... così, tienti forte ... adesso arriva l'onda ...
E tu? E tu?, Dio mio sali anche tu... presto... vieni, vieni su, perché non vieni? Presto... aiutatemi, aiutatemi!... Resisti Bepi... resisti... aiuto! Aiuto!...
C'è un battello di gomma con una vecchia sopra, e un ragazzo con un cappello dalla piuma nera attaccato. L’onda in piena li prende. Tutto comincia a girare. E' un vortice che non ha fine. L’uomo sta perdendo la presa. La vecchia ha paura. Il panico la spinge sul fondo, non vuol vedere e sentire nulla.
Dall'elicottero calano una cima con una bretella per il ragazzo, ma il vento la sbatte qua e là. Lui cerca di afferrarla, ma non ce la fa. La fune ondeggia, sbatacchia nel canotto, ma nessuno la prende.
La vecchia è raggomitolata, la ignora, ne ha quasi paura, come fosse un serpente. Non gli servirà a niente, pensa, affogherà lo stesso, e non guarda.
Sa che il ragazzo non ce la farà, ma non le importa. La salvezza adesso la vuole per sé.
Ma poi, apre un mezzo occhio. Vede sporche fasce mollettiere su uno stivale infangato. E' stupita. Poi lo sguardo le sale su un frusto pantaloni grigioverde. La giubba dello stesso colore, due mostrine sbiadite, un vecchio cappello dalla penna nera.
Sbalordita fissa suo marito, che punta il dito ossuto verso qualcosa. Maria segue la direzione, vede la testa dell'alpino che la stava salvando. Solo una mano resta aggrappata al canotto, la testa è a metà nell'acqua. Maria trascina la sua gamba rotta sul bordo, un dolore che di umano ha solo il grido, centimetro per centimetro. Prende la cima, e gliela passa con uno sforzo senza fine. Il ragazzo riesce ad afferrarla, e se la assicura faticosamente intorno alle ascelle. Lei allora crolla sul fondo del canotto, mezza morta. Ma prima lo ha visto in faccia, mentre dall'elicottero glielo issavano a bordo.
E ha visto il viso di suo figlio.
Quando Maria perde i sensi, cullata dal motore dell'elicottero sopra di lei, sogna suo figlio, in uniforme da alpino, che la accompagna su un bel ponte dove ci son tanti alpini che la salutano, e lei saluta loro. Vede invalidi aiutati da alpini, alpini sul tetto riparato di una chiesa. E vede anche morti alpini, ricoperti di neve, come addormentati, tra i resti di un cannone distrutto, e sembrano anche loro sorriderle.
E così Maria capisce tante cose. Capisce che gli Alpini amano così tanto la vita, da essere disposti a regalare la propria, per far vivere gli altri. Capisce che anche lei ha regalato due alpini al mondo, e che oggi qualcuno l'ha contraccambiata.
C'è un battello di gomma con una vecchia sopra, e un ragazzo abbracciato a lei. Ha la febbre, ma è robusto, sopravviverà. E' un alpino, lei pensa, e sorride. Nel suo sonno agitato si stringe a lei per il freddo, e la chiama mamma. Lei lo lascia fare. E quasi sovrappensiero, cantilenando, gli ripete sono qui figlio mio, sono qui.
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