Segnalato 2 31
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ASSOCIAZIONE NAZIONALE ALPINI
Sezione di Treviso e Gruppo di Arcade
PREMIO LETTERARIO
Parole Attorno al Fuoco
PREMIO NAZIONALE PER UN RACCONTO SUL TEMA
"La Montagna:le sue genti , dalla storia all’ attualità"XXXI EDIZIONE Arcade, 4 gennaio 2026
Segnalato
Fra i larici
di Mazzochel Alessandro
Giavera del Montello (TV)
Si immergeva dolcemente nell' infelicità e nel vino rosso, con un tale impegno che dopo poco era già vittirna di una piacevole e silenziosa ubriachezza. Non era un vizio, non del tutto almeno, piuttosto un modo di scaldarsi dall'interno, come il fuoco che brucia piano nella stufa e non fa fiamme alte, ma brace.
Il Vecchio viveva da solo, in una baita che guardava la valle. Lì il mondo gli sembrava meno stonato: le case sotto erano lontane abbastanza e il bosco era vicino a sufficienza da ricordargli che la compagnia non è fatta solo di uomini.
La sua casa era proprio ai margini del bosco, dove non arrivavano rombi di motociclette né altri schiamazzi. Soltanto tre notti alla settimana, lassù, sentiva volare alto un aereo di linea, allora smetteva per un momento di tirare dalla pipa e restava immobile.
Era sempre rimasto fedele al vecchio paese dai tetti aguzzi coperti di scandole, dalle case basse con finestre strette come occhi guardinghi, e dagli orti protetti da steccati di legno marcio. Da poco avevano costruito una strada dritta che portava giù in pianura, ma non era il solo a ricordare quando l'unico legame con il mondo era la mulattiera, levigata dagli zoccoli dei muli e dai chiodi degli scarponi.
II tempo Io misurava il sole, che sbucava dietro le creste e si nascondeva presto d'inverno, e l'acqua che cominciava a fremere nel paiolo appeso sopra il camino. La sceglia erano i raggi filtranti dalle assi malandate delle imposte.
Il suo orgoglio era la catasta di legna, ordinata come un libro di preghiere. Ogni ceppo aveva il suo posto, ogni tronco era rivolto nella stessa direzione. Li sistemava come fossero libri sacri e gli piaceva contemplarli. Passava ore a spaccare ceppi, sistemandoli in file precise, quasi fosse una partita a scacchi contro se stesso. Ogni volta che posava un tronco diceva: "Ecco, questo mi basterà per tre sere."
Il vino era buono e la solitudine diventava più sopportabile. Con un bicchiere in mano, parlava alle fiamme, ai ferri della stufa, ai nodi delle assi di legno, e ognuno di essi gli sembrava, a volte, rispondergli qualcosa.
Un tempo quella casa non era muta. Una voce di donna vi risuonava dentro. E c'era un bambino, i capelli biondi come il fieno d'agosto, che correva tra l'aia e l'orto, inciampando e rialzandosi sempre con la stessa risata. Ma un inverno più crudele degli altri...
Fu in una sera d'inverno, quando la neve scricchiolava come vetro sotto gli scarponi e il vento fischiava nelle fessure della baita. Il Vecchio stava ravvivando il fuoco, assorto nel suo bicchiere, quando percepì due piccoli bagliori oltre la finestra.
Si alzò lentamente, come temendo che un passo più brusco potesse cancellare la visione. Aprì la porta e rimase sulla soglia. A pochi passi, immobile fra i larici, c'era un camoscio, un giovane maschio con le corna non ancora piegate dal tempo. Non erano occhi cattivi né occhi impauriti: stava lì, con la tensione leggera di chi è pronto a scattare.
- Bel cristiano che sei - mormorò il Vecchio, con un sorriso storto.
L'animale inclinò appena la testa, e per un attimo parve che il suo sguardo fosse quello di uno sotrico amico. Poi, con un salto, sparì dietro la coltre dei larici.
Da quel giorno il Vecchio cominciò a parlargli. All'inizio era un "Buona sera, forestiero", poi un "Fa freddo stanotte, eh?", finché le parole presero il gusto dei racconti lunghi. Negli occhi dell'animale passò un breve luccichio.
"Lo sai che un tempo dormivo sotto la neve?" gli disse una sera, tirando boccate lente
dalla pipa. "Era gioco e lavoro insieme. A vent'anni pareva naturale, ma ora mi domando come diavolo sia possibile aver resistito."
Il camoscio non mosse un muscolo.
"E poi, quando sono tornato, la vita era fatta di tronchi e cataste. Portavamo giù i legni coi buoi, e ogni sera la schiena scricchiolava come il tetto nelle bufere."
A volte, con voce più bassa, gli parlava della moglie:
"Aveva occhi come i tuoi, sempre pronti a scappare e a tornare. Mi sopportava, e non era poco. Poi il piccolo è...e lei non ha retto. Io sì, ma non so dire se sia stato coraggioso o testardo. Di certo, da allora questa casa canta meno e scricchiola di più."
Una sera, dopo il terzo bicchiere, si mise a ridere da solo.
- Non credere che parli con tutti, eh - disse al muso dell'animale. - Se scendi fino a qui, un motivo c'è: o sei curioso o sei più solo di me. Il camoscio piegava la testa di lato e al Vecchio pareva che sorridesse con gli occhi.
- Se pensi che io sia un vecchio rincoglionito: beh, hai ragione.
Rideva e il camoscio, come per prendersi gioco di lui, faceva un balzo e spariva nel bosco. Tornava puntuale la sera successiva, come un compagno di osteria che non può fare a meno del vino cattivo.
In paese cominciarono a parlarne. Qualcuno diceva che il camoscio scendeva fino alle case, cosa che non era mai accaduta prima. Altri giuravano che l'animale non era di questo mondo, ma un fantasma mandato a far compagnia al Vecchio; i più che chi parlava così aveva alzato troppo il gomito.
"Meglio i fantasmi dei pettegolezzi.", diceva, quando gli arrivarono le voci.
Era una mattina chiara e fredda, quando la brina copriva ogni ramo come una stoffa di vetro. Il Vecchio stava tornando dal bosco, i polmoni bruciavano per il freddo, le mani intorpidite dal legno umido. Tra gli abeti e i larici, percepì un movimento improvviso: il camoscio, che lo aveva ormai abituato alla sua presenza, era fermo a pochi metri, con le orecchie tese e lo sguardo fisso verso il basso.
Poi lo vide. Un uomo con una giacca da caccia verde nascosto dietro un cespuglio,
accucciato, il fucile pronto e la faccia concentrata come chi studia la preda da ore. Il cuore del Vecchio si fermò per un istante: conosceva il rumore della polvere da sparo e la velocità di un colpo, e sapeva che quell'animale aveva poche possibilità se non fosse
intervenuto.
Raccattò un sasso gelato e lo scagliò lontano. li rumore ruppe l'aria. Il camoscio, sorpreso, saltò di lato. L'uomo premette il grilletto. li colpo partì ma colpl un tronco.
- Maledizione! - urlò l'uomo, girandosi - Sei tu, vecchio matto?
- Io? Stavo solo facendo un po' di ginnastica. A questa età bisogna muoversi. Il cacciatore imprecò, lo spinse via col calcio del fucile e se ne andò brontolando. Il Vecchio restò solo, il cuore che batteva come ai tempi in cui scappava dai colpi veri, non da quelli da caccia.
La sera, davanti al camino, prese un bicchiere di vino, lo alzò verso le fiamme e brindò da solo.
"Ti ho salvato la pelle, amico mio. Vedrai che prima o poi toccherà a te fare lo stesso con me."
li Vecchio e il camoscio passarono ore tranquille insieme, godendosi l'aria fredda del mattino e la luce pallida che filtrava tra i larici.
A volte si sdraiava nella neve, il volto rivolto verso il cielo, e il camoscio si accovacciava
accanto a lui, osservando le nuvole che correvano tra le cime. Il Vecchio borbottava vecchie canzoni, con voce roca e intermittente:
- Sai, una volta cantavo meglio... ma tu sembri comunque capire tutto.
Mentre il sole cominciava a scendere, il Vecchio decise di insegnare al camoscio un gioco: raccoglieva piccole pietre e le lanciava in alto, ridendo quando l'animale le osservava con attenzione. Più volte il Vecchio finì per inciampare lui stesso nella neve, e il camoscio lo guardava, curioso, inclinando la testa come a dire: "Così si fa?"
Accadde al tramonto. Il Vecchio si accorse che il camoscio lo seguiva fin dentro la baita. Si fermò sulla soglia, sorridendo:
- Bene, allora sei ufficialmente un ospite... ma attento: la cucina non è delle migliori. Il vino, in compenso...
Il camoscio si accucciò davanti al camino, e il Vecchio capì che c'era un ritmo nuovo nella vita, fatto di passi leggeri, di piccole corse tra la neve, di sguardi intelligenti. Era un mondo piccolo, perfetto nella sua normalità sospesa.
L'inverno calò pesante. La neve scendeva senza fine, coprendo tutto, e la legna sembrava consumarsi troppo in fretta. Una notte uscì per prendere fascine. Aveva le mani rosse dal freddo e il passo incerto sulla coltre gelata. All'inizio tutto sembrava familiare: i larici alti, il sentiero che conosceva come il palmo della sua mano, la luce che filtrava tra gli alberi. Ma la neve fresca aveva cancellato ogni segno, ogni impronta, il mondo era diventato bianco e silenzioso come un quadro immobile.
Si fermò, ansimante, il fiato si trasformava in vapore e guardò intorno a sé. Non c'era alcun rumore, solo il fruscio leggero della neve sotto i piedi. Camminava da ore, o almeno così gli sembrava. La neve cadeva fitta, cancellando i sentieri. Ogni passo era un affondo, ogni respiro una coltellata ai polmoni.
Si fermò, le mani tremanti, la vista che si appannava. In quel bianco assoluto comparvero due corna sottili.
Il camoscio avanzava lento, voltandosi ogni pochi passi.
- Guarda un po' la mia guida alpina - borbottò l'uomo, un sorriso stanco ma felice sulle labbra. - Allora non sbagliamo strada.
Dopo un tratto particolarmente ripido, arrivarono a un pendio nascosto, coperto da neve fresca e senza appigli visibili.
L'uomo imitava ogni movimento del camoscio: piegava le ginocchia, appoggiava le mani su rami e cespugli, trovava equilibrio tra fatica e prudenza. Le mani erano intorpidite, respirava con fatica.
Quando finalmente raggiunsero il fondo del pendio, il Vecchio si lasciò cadere sulla neve,
il corpo esausto, il cuore che ancora batteva come un tamburo. li camoscio si fermò accanto a lui, le orecchie tese, il respiro calmo e regolare. Il Vecchio lo guardò negli occhi.
In fondo, il puntino che gli compariva agli occhi era la sua baita. Mentre le ombre degli alberi si allungavano e il sole calava, tingendo tutto di arancio e rosa, il Vecchio aprì la porta e vi crollò come un sacco vuoto.
Quella notte, davanti al camino, il Vecchio si sentì leggero.
La tempesta era finalmente passata. La valle sembrava rifatta: la neve ricopriva ogni ramo, ogni cespuglio, formando tetti morbidi sui tronchi degli alberi e tappeti bianchi sul terreno. Il sole filtrava tra i larici, trasformando la brina in piccoli diamanti scintillanti.
Il Vecchio respirava a pieni polmoni, sentendo l'aria fredda e pulita insinuarsi nei polmoni e far vibrare il cuore.
li camoscio si avvicinò con passi leggeri, osservando il Vecchio come se stesse valutando il momento per un gioco.
L'anziano raccolse un pugno di neve e lo lanciò in aria; il camoscio fece un balzo elegante cercando di catturare i fiocchi, alzando nuvolette di neve che scintillavano al sole. li Vecchio rise da solo, piegandosi per raccogliere un ramo caduto e fingendo di volerlo lanciare, mentre il camoscio scattava di lato, pronto a schivare ogni attacco".
Sedevano entrambi sulla neve morbida, i piedi e le zampe affondavano di poco. Il Vecchio guardava le montagne in lontananza, i picchi lucenti sotto il sole invernale, e parlava sottovoce come a sé stesso ma anche al camoscio, che ascoltava attentamente:
li camoscio inclinava la testa, e ogni tanto si avvicinava, annusava la mano del Vecchio. L'uomo poggiò la mano sul dorso dell'animale, chiudendo gli occhi. Sentiva il battito del cuore del camoscio accanto al suo, il respiro regolare e una pace profonda che riempiva l'anima: tutto sembravo sospeso in un momento perfetto.
Le settimane passavano lente e il Vecchio continuava le sue giornate tra la baita e il bosco, accompagnato dal camoscio, compagno fedele e silenzioso. Ma il cielo, inesorabile, tornò a farsi grigio e basso.
Quella sera il Vecchio si sedette vicino al camino, il camoscio accucciato ai suoi piedi. La
luce tremolante illuminava il volto rugoso e gli occhi stanchi, e un silenzio profondo avvolgeva la stanza. Respirava piano, sentendo il cuore battere lento ma regolare, mentre il crepitio del fuoco scandiva il tempo.
- È tempo, amico mio - sussurrò il Vecchio, con voce roca e dolce.
Lo trovarono seduto davanti al camino spento, col capo piegato e un mezzo bicchiere di vino sulla tavola. Sembrava che dormisse, con un sorriso sulle labbra. Quell'aspetto sviava l'attenzione dalla pallida nube che gli rannuvolava il viso.
Fuori dalla porta, sulla neve fresca, c'erano impronte di camoscio che scendevano verso il
bosco. Nessuno lo vide più, né in alto né nei dintorni.
Al funerale non vennero in molti: giusto qualche vicino e gli uomini con il cappello piumato. Si raccontava che il Vecchio avesse lasciato tutto a nessuno: solo un paio di botti di vino, una stufa arrugginita e una catasta di legna ordinata meglio di una libreria.
Al bar del paese, però, non si parlava d'altro.
- Io l'ho visto, il camoscio - disse uno. - Scendeva fino al lavatoio.
- Ma va, saranno state le capre - ribatté un altro.
- No, no. Quello era un camoscio vero. E secondo me è venuto a prenderlo. La storia più accreditata diceva che il camoscio continuava a percorrere i sentieri conosciuti, fermandosi a guardare la baita, a respirare l'aria del bosco e a seguire con lo sguardo i riflessi dorati del sole tra i larici.
La storia cambiava ogni sera, gonfiandosi come la schiuma della birra. C'era chi giurava che l'animale fosse l'anima della moglie, chi diceva fosse un angelo con le corna.
Col tempo la leggenda divenne più forte della verità. E ancora oggi, davanti al camino dell'osteria, c'è sempre qualcuno che racconta di quell'uomo. Andateci a bere qualcosa e vedere quanto è vero.