Gruppo Alpini di Arcade - Sezione di Treviso

Testimonianze di solidarietà

 

 

L'OPERAZIONE VESPRI SICILIANI

 

Ovunque si verifichino eventi tali da rendere necessari aiuto e collaborazione lì subito confluiscono gli Alpini dell’A.N.A.; ed ove lo Stato decida di partecipare ad operazioni di pace o di polizia non mancano mai gli Alpini in armi: dal Medlo Orienre alla Bosnia, alla Somalia, al Mozambico; dall’Alto Adige alla Puglia e alla Sicilia.

Un Alpino del nostro Gruppo, il Cap. Magg. Luca Pollicini – 6a Compagnia - Btg. “Tolmezzo” - Brigata “Julia” -ha preso parte alla lunga operazione “Vespri Siciliani” che si prefiggeva il ripristino dell’ordine e della legalità in quella tormentata isola.

Ecco le sue impressioni nell’intervista del 28 aprile 1997.

La tua esperienza nell’operazione “Vespri Siciliani?

Senz’altro positiva e maturante perché mi ha fatto vivere lontano da casa, in circostanze non sempre facili e comunque più impegnative di quelle della vita di caserma.

Dove sei stato impegnato?

In una prima fase, dal 31 luglio al 20 settembre 91’, a Priolo, vicino a Siracusa, dove pattugliavamo i grandi impianti petrolchimici dell’ENICHEM. Poi a Palermo, dal 1 dicembre ‘92 al 12 gennaio ‘93; Lì facevamo servizio di scorta a magistrati e vigilavamo sul palazzo di Giustizia con turni di sei ore di guardia, sei di riposo e altrettante di “prontezza”, cioè di disponibilità in caso di emergenza. In sono partito fra i primi.

Il trasporto e la sistemazione logistica?

La prima volta siamo partiti da Ronchi dei Legionari con un volo civile; la seconda in treno, con una tradotta militare: 25 ore di viaggio. Per i primi dieci giorni è stata dura: nessun supporto logistico; per cui la 6a Compagnia ha dovuto appoggiarsi alla Fanteria di stanza a Palermo. Organizzazione: zero.

Come siete stati accolti dalla popolazione?

A Priolo in modo piuttosto tiepido: forse perché era la prima volta che vedevano gli Alpini, quei soldati dal cappello strano e per di più con la penna. A Palermo male: spesso ci dicevano: “Tornate a casa vostra, polentoni!”. I rapporti con la popolazione, comunque, erano migliori nei paesi dell‘interno dove la gente si conosce, parla; a Palermo invece il clima è, per cosi dire, metropolitano: ognuno bada a sè e non si cura di chi gli sta accanto.

Avevate compiti di polizia?

Operavamo posti di blocco, controllavamo e registravamo i documenti, osservando la somiglianza con le foto segnaletiche che erano affisse in bacheca o che avevano i nostri ufficiali, verificavamo il contenuto del bagagli. La nostra era un’attività di supporto: le azioni particolari erano compito dei Carabinieri e della Polizia. Come quella volta a Corleone: noi abbiamo circondato il paese, mentre le forze dell’ordine perquisivano le case. E la gente sapeva sempre prima quando arrivavamo; siamo giunti a Corleone e la gente ci aspettava. Lì ho passato il Natale.

Meglio ha vita di caserma o questa?

Questa, senz’altro; e per la grande esperienza umana vissuta e un po’anche perché un milione e duecentomila lire al mese rispetto, alle centoventimila della “deca” che prendevamo in caserma, a vent’anni fanno un certo effetto.