Gruppo Alpini di Arcade - Sezione di Treviso

Premio letterario nazionale

Parole attorno al fuoco

XIII edizione - Arcade, 5 gennaio 2008

per un raccolto sul tema:

"Genti, soldati e amanti della montagna:

storie e problemi di ieri e di oggi"

Terzo classificato

IL SASS DE LA RODA

 

di Grazia Aricò

Mogliano Veneto (Tv)

La marmotta si rizzò improvvisamente sulle zampe posteriori e parve tirare il muso attento e sospettoso verso il nuovo intruso.

La zona dove da secoli le marmotte della sua famiglia avevano stabilito la loro residenza era un pascolo alto, a ridosso di una rupe molto scoscesa, ricca però di anfratti e caverne che all’epoca della grande guerra avevano visto un gran via vai di alpini, artiglieri e muli…ma questa era storia e non rientrava certo nella memoria dell’animale. Le marmotte stanziatesi lassù dopo le glaciazioni, alla ricerca di un clima freddo come le steppe del nord da cui provenivano, vivevano una vita tranquilla, nell’alternarsi delle stagioni, degli amori e della nascita dei piccoli, tanto importanti per la sopravvivenza durante il letargo. Quando sentono un rumore le marmotte, che sono animali molto miti ma anche curiosi e tutto sommato socievoli, escono cautamente dalla tana e si rizzano in cima a qualche rialzo del terreno per esplorare il territorio, questo dà loro il curioso aspetto di stare in piedi, è la cosiddetta posizione a candela, nota ai frequentatori di zone alte sotto le crode. Qualcuno, ma questa è solo leggenda, sostiene di averle viste portarsi una zampina alla fronte, nella tipica posizione di una sentinella che scruta tutto intorno al territorio. In caso di pericolo esse emettono un lungo fischio di allarme e poi la fuga precipitosa dentro la tana!

Dunque quello era il suo territorio, lì c’era, ben nascosto, l’ingresso della sua tana, ma proprio la sua tana, per chi lo sapeva, era il punto di riferimento per individuare un sasso molto particolare che celava l’apertura di una galleria nelle rocce soprastanti. E qui la nostra marmotta aveva scorto un intruso! Sembrava un ragazzo, da lontano si vedevano bene i capelli biondi una maglietta azzurra e un’andatura molto agile, quasi da capriolo, dai frequenti balzi e le larghe falcate tra sterpi, rododendri e mughi! In effetti, il giovane cercava proprio una marmotta, che dai racconti del nonno doveva avere la sua tana vicino al Sass de la Roda.

Matteo si avvicinò decisamente all’animale, poiché l’avvistamento era stato reciproco, ma l’istinto suggerì alla bestiola un po’ di cautela ed emesso un fischio acuto, con mossa rapida, si ritirò nella tana! Aveva i piccoli di due mesi circa e si era ormai sul finire dell’estate, non era il caso di correre rischi.

Il ragazzo ricordava bene le parole del nonno Mario: - Dopo il pascolo, nella zona dei mughi, accanto ad un ghiaione che porta alle Cirelle, venti metri più ad est, c’è una zona di marmotte, l’ultima tana che trovi prima della roccia è in linea perpendicolare con il Sass de la Roda!

Dunque bisognava identificare la tana della marmotta che si era nascosta dopo aver fischiato. Si ricordò anche che le marmotte sono paurose e che sarebbe saltata fuori solo se più che sicura del passato allarme. Si sedette dunque su un sasso un po’ lontano dalla zona, e si mise paziente ad aspettare. Intanto cercò di far ordine nei suoi pensieri.

Che senso aveva tutta quella storia?

La storia era cominciata per il ragazzo quando, ancora piccolo, il nonno lo accompagnava in montagna, dapprima infilandolo in un gerlino, di quelli piccoli che si usavano nei campi di patate, poi tenendolo per mano su per i sentieri, nei boschi, nel pascolo… e raccontava, raccontava il nonno, con la sua voce arrocchita dal sigaro e dalla bronchite che si portava dietro dai tempi della guerra. Sbattuto come soldato di leva dal fronte iugoslavo alla Sicilia e da qui alla Grecia, il nonno si era salvato proprio grazie a quella pleurite di cui conservava ancora i postumi, che tuttavia non gli impedivano di fumarsi qualche mezzo toscano di tanto in tanto! Questa era una delle sue storie preferite e la iniziava sempre parlando della sua povera mamma!

- Era il 12 di marzo del ‘40 ed io avrei compiuto 20 anni alla fine del mese! La mia mamma, che sarebbe poi la tua bisnonna Adelina, mi venne a svegliare con gli occhi rossi: "c’è la cartolina anche per te, speriamo che quei signori di Roma non facciano sciocchezze, che già abbiamo un figlio lontano!" Infatti mio fratello di 30 anni era partito nel ’39, emigrante, come tanti dei nostri uomini, per l’Etiopia, ma lì ben presto l’avevano arruolato per la guerra d’Africa e portato prigioniero dagli inglesi in Australia… per forza la mamma aveva gli occhi rossi! Quel martedì, ricordo, partii assieme ad altri due ragazzi del mio paese. Loro, più fortunati, furono arruolati negli alpini, ed io fante! Mi dispiaceva un po’, ma la patria sai, noi ci credevamo alla patria, si deve servire comunque bene, e iniziò così la mia avventura, per la prima volta fuori della mia valle: il 10 di giugno scoppiò la guerra! Ma poi, vedi, Matteo, io sono tornato dalla mia mamma, e loro invece dal fronte del Don non sono tornati mai …

Matteo pensando alle storie che gli raccontava il nonno, non poteva mai dimenticare questo inizio, non solo perché lo ripeteva spesso, ma anche perché lui amava molto fare riferimento alla madre ed era proprio la sua bisnonna Adelina all’origine della storia che l’aveva portato lassù!

Finalmente la marmotta fece capolino fuori della tana, così Matteo con passo deciso si avviò verso la bestia. A quest’ultima non era mai capitato che qualcuno con tranquillità si avvicinasse tanto: non sapeva che fare, poi un’ultima ispezione ritta nella posizione della candela, un breve grido stridulo e giù a precipizio nella tana! – Speriamo bene, - pensava la marmotta rassicurando i piccoli con brevi versi gutturali - il ragazzo non sembrava malintenzionato, sta a vedere che cercava solo la direzione del Sass de la Roda!

Ed, infatti, era proprio così!

In paese intanto, era quasi mezzodì e in casa di Matteo già due tre volte il suo nome era risuonato dalla voce sempre più stizzita della madre, "quel ragazzo non era mai puntuale, poi da un po’ di tempo aveva preso l’abitudine di andare in giro per le montagne da solo, ora che il nonno cominciava ad accusare i segni dell’età…" questi erano i suoi pensieri! Finché il padre rientrato a casa, pur notando l’assenza di Matteo, fece cenno alla moglie di servire il pranzo e intanto pensava tra sé sempre più seccato: "quel diavolo di ragazzo, speriamo solo che non si sia cacciato nei guai, quanto a mio padre, devo fargli un bel discorso, deve smetterla di riempirgli la testa con tutte quelle storie sulle trincee della prima guerra, son posti pericolosi quelli!" Si misero a tavola e, pur iniziando tutti a mangiare, un silenzio pesante regnava nella cucina! Intanto un borbottio lontano di tuono si faceva ogni tanto sentire. Il cielo si era improvvisamente oscurato: la tensione era palpabile nell’aria. Ad un tratto, quasi all’unisono, il nonno e il papà di Matteo, si alzarono da tavola e senza parlare, ma con uno sguardo reciproco di intesa, uscirono di casa. La madre restò a sparecchiare, come se quello fosse il lavoro più importante del mondo, mentre gettava di tanto in tanto uno sguardo preoccupato alle montagne, sempre più cupe e ormai in parte coperte di nubi dense e il tuono si faceva sentire sempre più minaccioso!

Appena fuori, i due uomini si guardarono con molta serietà; ma lo sguardo del nonno Mario era talmente eloquente che il figlio Angelo decise di rinviare il suo malanimo ad altro momento e, secco secco, chiese: - Tu sai dov’è andato?

- Ho paura di sì! Ma gli avevo detto di non andare da solo, che lo avrei accompagnato io non appena mi fossi sentito un po’ più in forze! E’ andato da solo a cercare il Sass della Roda, l’ultima volta non siamo riusciti a trovarlo, perché stava per piovere e sai bene che le marmotte non vengono fuori col mal tempo e senza individuare quell’ultima tana non ci si arriva, ora poi che son cresciuti tanti mughi là intorno…

Il pover’uomo aveva parlato tutto d’un fiato, senza guardare in faccia il figlio che apparve a quelle parole più preoccupato che arrabbiato! – Alla malora anche le tue manie! Se non è tornato vuol dire che l’ha trovata la galleria, ma sai bene che è pericolosa, lo era già quando ci siamo andati insieme, che io avevo l‘età di Matteo! Diavolo d’un vecchio, quando metterai la testa a posto? I vecchi alpini del paese hanno deciso di risistemare e mettere in sicurezza tutte le trincee di Costabella Fuchiade e Cirelle e di farne una specie di museo, come hanno fatto in altre valli, allora potrai andare ancora dove ha combattuto il povero nonno! -

- E’ proprio per questo che bisognava andarci prima, là dentro c’è ancora nascosto da qualche parte il tesoro che tuo nonno Matteo ha sepolto prima della ritirata a Belluno!

Questa storia stava diventando una fissazione, ma si sa i vecchi sono fatti così e poi ripeteva sempre le parole di nonna Adelina "mi raccomando, andate sulle Cirelle a cercare, che il mio Matteo ha sepolto lassù un tesoro, quando son dovuti scendere in tutta fretta, senza portarsi via niente!" ed aveva raccontato tutto bene la nonna a quel suo figliolo, anche la direzione precisa dalla tana della marmotta, la strana presenza di un sasso che celava l’apertura, contrassegnato da un curioso disegno quasi circolare: per questo gli alpini lo avevano chiamato il Sass de la Roda!

Intanto Matteo era effettivamente riuscito a raggiungere la galleria, benché la vegetazione si fosse infittita molto. E con grande trepidazione un po’ carponi, un po’ in piedi era riuscito a percorrere una decina di metri. Era quasi buio là dentro, ma il ragazzo si era portato una torcia elettrica, dunque poteva procedere, benché, bisogna dirlo, avesse un certo magone, perché avrebbe voluto farla col nonno questa spedizione e poi perché sentiva come una minaccia…

In paese invece un gruppetto di alpini in congedo con il padre e il nonno di Matteo si erano organizzati con torce funi e altro materiale che potesse servire in caso di frane all’interno della galleria. Gli uomini conoscevano il posto, tutti da ragazzi almeno una volta avevano esplorato le trincee della grande guerra, magari alla ricerca di qualche reperto sfuggito a precedenti escursioni, tutti sapevano che le gallerie con il passare degli anni erano diventate sempre più insicure, per cedimenti della volta o dei vecchi puntelli di legno. L’erosione generale della montagna procedeva inesorabile, favorita da gelo, vento e infiltrazioni d’acqua ma anche da quegli impercettibili ma continui assestamenti geologici che interessano tutta la crosta terrestre e che di tanto in tanto si fanno tragicamente presenti con i terremoti.

Certo è che Matteo una volta entrato nel buio della galleria, sentì un rumore dapprima confuso e poi sempre più chiaro, di piccole cadute di sassi e come uno sgocciolio d’acqua. Stette fermo, puntando davanti a sé e poi tutto intorno la torcia elettrica. Nulla, solo qualche goccia d’acqua cadeva dalla volta. Procedette ancora con passi sicuri, aiutato anche dalla luce che proveniva dall’ingresso fino ad uno slargo della cavità con resti di puntelli di legno tutto intorno; stava per iniziare un’ispezione più accurata quando nuovamente un rumore più nitido di sassi lo fece fermare impaurito… Matteo pensò che ci fosse qualcuno, magari qualche bestia rintanatasi là, cercò di farsi coraggio, pensò anche di ritornare indietro, ma poi scartò subito questa ipotesi, che avrebbe profondamente minato il suo amor proprio: era arrivato nel luogo tanto a lungo favoleggiato fin da bambino con i racconti del nonno, ora che era quasi un uomo doveva cercare, là dentro da qualche parte doveva esserci il tesoro del suo bisnonno!

Ma in paese si raccontavano anche cose strane di quelle trincee: qualcuno affermava di aver visto scheletri del tutto vestiti con la divisa ed il cappello da alpino sopra il teschio ghignante, altri di aver trovato granate inesplose, altri ancora di aver sentito chiaramente lamenti di feriti…il ragazzo sapeva che erano tutte leggende, ma nella sua mente le immagini paurose andavano affollandosi, tanto che decise di chiamare a voce spiegata, per scoprire intanto se era solo, o se qualcuno si fosse rifugiato là, magari in vista del temporale! E ripeté più volte a pieni polmoni: – Ohooo! C’è qualcuno?

La voce di Matteo si dilatò immediatamente nella galleria, creando tutto un effetto di rimbombo sonoro, che si frangeva e ripeteva portato dall’eco, ed insieme improvviso un più intenso rotolare di sassi, questa volta vicino e assordante seguito da uno spostamento d’aria che scagliò il ragazzo in un angolo della caverna, tramortito.

La frana era stata violenta, era crollata tutta la volta iniziale della galleria, quindi l’uscita era preclusa. Forse la voce del ragazzo aveva accelerato un processo di disgregazione iniziato con i disgeli e favorito dall’acqua, comunque sia, la fortuna volle che il gruppetto di soccorritori fosse già nei pressi quando il boato della frana si fece sentire sordo e minaccioso dall’interno della montagna mentre un tremore parve diffondersi in tutto il pascolo e fece accelerare i battiti nel petto di quegli uomini.

Il nonno Mario fu il primo ad arrivare al Sass della Roda quasi per caso, spinto probabilmente dall’istinto e dall’angoscia, seguito subito dal figlio e poi da tutto il gruppo.

Fu immediatamente chiara la situazione: se Matteo era là dentro bisognava fare presto! Subito qualcuno cercò di smuovere i sassi che avevano ostruito l’apertura, ma il lavoro era delicato, la massa franosa ancora instabile poteva creare danni anche peggiori…furono iniziati sopralluoghi sulla costa soprastante, dove uno dei più giovani, volontario del soccorso alpino, durante un’escursione aveva scorto una grossa crepa nel terreno dalla quale sembrava uscire una sorta di aria gelida… secondo lui era in comunicazione con la galleria. Bisognava fare presto!

Finalmente fu individuata la crepa, che risalendo la costa restava quasi nascosta dai mughi ma provvidenzialmente sembrava allargarsi fino a permettere il passaggio ad una persona. Angelo si fece mettere in sicurezza e con una corda doppia e una torcia in mano si fece calare nel crepaccio. Mano a mano che scendeva, pensava a quel suo figliolo che forse aveva troppo poco conosciuto e un’angoscia lo stringeva più che quella roccia in cui era come immerso… ad un tratto un’aria umida e fredda gli gelò le gambe e insieme si sentì appeso nel vuoto. Chiese corda con uno strattone e con un salto finale si trovò sul fondo del crepaccio e all’interno di una galleria. Dunque il giovane volontario aveva ragione!

Ma la sua emozione fu enorme quando con la torcia illuminò la maglietta azzurra del figlio accovacciato su un fianco, pallido sporco di fango, ma vivo!

Il ragazzo, come vide il padre, con un filo di voce disse – Papà l’ho trovato il tesoro, quando è franato tutto sono svenuto, ma poi mi sono ripreso ed ho trovato il tesoro del bisnonno! Matteo doveva essere sotto choc, perché ripetendo queste parole tendeva a suo padre una vecchia gavetta tutta ammaccata e ruggine. Altro che tesoro!

Il recupero di entrambi fu effettuato per la stessa via del crepaccio che intanto era stato sgombrato dalla intricata vegetazione e, con una perfetta azione coordinata da nonno Mario, che non stava più in sé dalla gioia, gli uomini del soccorso li tirarono su.

Il sole era già tramontato da un po’, il temporale annunciatosi con tanti tuoni minacciosi si era in realtà allontanato, era uno di quei momenti particolari e pieni di magia, ben noti a chi ama la montagna, in cui vengono meno le ombre ma non i colori e le cime dei monti catturano una qualche luminosità rimasta nell’aria e paiono brillare di luce propria.

Anche le marmotte erano più o meno tutte venute a curiosare su quegli strani eventi e, ben consapevoli che quegli uomini non si sarebbero certo occupati di loro, sostavano qua e là ritte emettendo non fischi di allarme ma sommessi borbottii gutturali che, a conoscere il loro linguaggio, forse potevano essere frasi di compiacimento…

Tutti insomma trassero un gran sospiro di sollievo!

Solo una volta arrivati a casa Matteo, che aveva recuperato un po’ di colore, cercò di raccontare come lo spostamento d’aria dovuto alla frana che l’aveva tramortito sbattendolo contro la parete, aveva anche spostato uno spesso strato di polvere e terriccio che ricopriva la gavetta! Ma nessuno si occupò del vecchio reperto bellico, che restò nello zaino del nonno ed invece fu chiamato il dottore che, riscontrando nel giovane una leggera commozione cerebrale, prescrisse riposo assoluto.

Matteo si riprese presto e della brutta avventura non parlò più nessuno.

Era ormai inverno, il nonno Mario riordinando lo zaino ritrovò la vecchia gavetta, la aprì e ne caddero fuori un orecchino di corallo, di quelli che una volta si regalavano alle spose, una foto di una giovane donna sorridente con una superba treccia bionda sul capo, e questa lettera:

Mia amata Adelina, so che avrai cercato dappertutto il tuo orecchino, ma quando ti ho abbracciato per partire per il fronte è rimasto impigliato nel colletto della mia giubba. E’ stato il mio portafortuna, con la tua foto che ho sempre tenuto con me! Ora ci fanno partire in fretta, non so per dove e non so se mai ritorneremo, così nascondo quassù il mio tesoro. Se tornerò verrò a riprendermelo, altrimenti chi lo troverà te lo riporterà in segno del mio amore!