Gruppo Alpini di Arcade - Sezione di Treviso

Premio letterario nazionale

Parole attorno al fuoco

XII edizione - Arcade, 5 gennaio 2007

per un raccolto sul tema:

"Genti, soldati e amanti della montagna:

storie e problemi di ieri e di oggi"

Terzo classificato

MEZZANOTTE SUL MONTE NERO

 

di Paolo Terreni

Pisa

Alpi Giulie, 14 giugno 1915…

- Fa freddo, vero, capitano?

Eppure bisogna andare avanti, un passo dopo l’altro, un giorno dopo l’altro, su questa infinita distesa di neve e di ghiaccio, con il riverbero della luce di un sole impietoso e implacabile che ti acceca...

Oltre al fruscio dei passi si sentono solo sorde imprecazioni.

Nessuno ha voglia di ridere o di scherzare,... tanto meno di cantare,... neppure di parlare...

C’è un unico imperativo: marciare, marciare, marciare!

Marciare per raggiungere un altro luogo, prima da conquistare e poi da difendere, e da cui un altro giorno bisognerà ripartire,... marciare per uccidere,... marciare per sopravvivere...

La mente torna per un attimo a quel cane dal pelo arruffato che per qualche giorno ti ha fatto compagnia, seguendo le tue orme dalla Val Bormida fino alle porte di Moncalieri, e ti viene mestamente da sorridere perché lì anche lui ti ha lasciato…

Nemmeno lui ha creduto in te.

Peccato!

Credevi di aver trovato un nuovo amico che poteva essere la giusta medicina per la depressione che ti attanagliava in quei momenti di solitudine, ma invece lui cercava qualcosa di più delle tue lacrime e degli avanzi della tua gavetta. E poi, d’improvviso, ecco che loro interrompono i tuoi pensieri!... Come fantasmi nati dal nulla, sono apparsi da dietro una cima ed ora stanno seminando la morte fra le casacche grigioverdi intorno a te. Ma la gragnola di colpi dura poco e anche stavolta è andata... Si ritirano e tu sei ancora vivo e maledici, come gli altri, l’imprudenza che vi ha fatto cadere in quell’imboscata, ma ringrazi il Cielo per averla scampata. Ma sei proprio tu il fortunato o piuttosto lo è quel tuo compagno che non alzerà più il viso e che ora sta mordendo la polvere dove ha disperatamente sputato l’ultimo soffio di rabbia? Ora non c’è tempo per riflettere e tu sei troppo stanco per farlo. Cammina, capitano...

15 giugno...

Ancora miglia e miglia di ghiacciaio sotto le tue suole,... ancora miglia e miglia di sudore dietro le tue spalle.

E ancora quelle presenze misteriose che come fantasmi ti ricordano che hai lasciato le tue pianure solo per morire.

E questo l’hai capito anche tu, sergente Lucetti, alcolizzato, baro e codardo,...

e tu, caporale Bartoli, che hai sgozzato un fratello per averne la moglie,…

e tu, soldato Moscon, stupratore di donne e di bambine,...

e tu, soldato Mancini, maestro elementare fresco fresco di matrimonio,...

e tu, soldato Biritozzi, studente di medicina, che volevi passare la vita a salvare il tuo prossimo e che ora, invece, sei in marcia per ucciderlo,… e come voi l’hanno capito tutti coloro che vi camminano accanto, contadini e allevatori, avvocati e bottegai, ricchi e poveracci… E tu, l’hai capito, capitano? Se non ti sei ancora reso conto che non tornerai mai a rivedere le tue langhe, ci penseranno le decine di fuochi che stanotte vi circondano a fartelo capire.

Strano, vero, capitano?

Domani è il 16 giugno.

Già una volta sei morto il 16 giugno.

Fu un anno fa?... due anni fa?...

Che importa?...

Fu e basta!

Anche stasera, come quella sera, senti pesare sul tuo corpo il fardello di quel suo ultimo amaro e malinconico sorriso.

Era troppo bello, dovevi immaginarlo!

E dovevi immaginare che non sarebbero bastati i bordelli di Torino e di Moncalieri per fartela dimenticare.

E pensare che avresti voluto passare la tua vita a renderla felice!

È proprio vero che gli uomini uccidono le cose che amano di più!

E tu stanotte vorresti uccidere il suo ricordo gridando che non l’ami più, che forse non l’hai mai amata.

Ma che si credeva quella piccola stupida?

Che uno come te non potesse davvero trovare di meglio?

Scaccia il suo volto dalla tua mente!...

Ma cosa vuole ancora?...

Non l’ami più!...

Mandala via!...

Perché continuare a raccontarsi bugie, capitano?

La vita ti ha imbrogliato.

Ha imbrogliato anche te, povero artista di strada e bassifondi.

Non avrai saputo dipingere Cristi e Madonne, ma certo nessun altro sapeva disegnare come te le tue puttane.

Forse perché nella loro spontaneità selvaggia potevi trovare quella sincerità che rispettavi più di ogni altra cosa,... forse perché è proprio dai rifiuti che nascono i fiori più belli e più profumati.

Ora bruceresti tutte le stelle per trovare il sonno nelle braccia fredde e buie della notte, ma poi, come d’incanto, ti appare,… come sempre, ti appare…

Tu non la cerchi, non la chiami, ma lei arriva,… arriva sempre!

Ed è sempre lei,… è sempre bella,… e ti accarezza, come allora, alla fioca luce di una lampada.

E riprendi a sognare.

Perché questo, in fondo, è solo un altro sogno,... un sogno bellissimo che si sta lentamente, giorno dopo giorno, notte dopo notte, trasformando in un incubo,... uno dei tanti che hai fatto...

Nella tua vita hai visto tutto,... raccolto tutto,... rinunciato a tutto...

Hai voluto farti male fino a partire volontario,... fino alla Scuola Allievi Ufficiali di Moncalieri,... fino allo scegliere per compagni di vita non solo gaudenti studenti e professionisti benestanti, ma anche scarti umani: avventurieri, vagabondi, spostati.

Con loro hai diviso ogni cosa: le camerate, le mense, le latrine, il campo di addestramento di Bobbio Pellice, le prostitute, le marce forzate per arrivare in prima linea, le bombe che sfrecciavano sulle vostre teste per esplodere a pochi passi di distanza, il puzzo della morte che aleggiava intorno, pesante, stantio, opprimente, insopportabile, ma al quale ormai, dopo settimane di convivenza con i cadaveri in putrefazione, non facevate più caso.

E poi ancora le marce interminabili tirandosi dietro muli e cannoni su strade dissestate, per sentieri appena accennati o dove solo gli stambecchi osavano passare.

E poi le arrampicate lungo pareti scoscese, con le mani sanguinanti e infreddolite che cercavano appigli di fortuna e si aggrappavano disperatamente alle radici e ai sassi sporgenti pregando il Signore affinché non cedessero.

E poi il freddo,… il freddo del ghiaccio,… il freddo della notte,... il freddo dei tremila metri di quota.

 

E tutto perché bisognava arrivare più in alto,… più in alto del nemico,… più in alto delle sue mitragliatrici, perché non ti falciassero con una sventagliata come una spiga di grano maturo.

Eppure ora ti senti solo, ti senti piccolo, inutile,… ti senti stupido, indifeso,... ridicolo!

Forse perché non era questo che avevi scelto di diventare.

Forse perché non erano queste le battaglie che avevi sognato di combattere.

Dove sono gli squilli di tromba?

Dove sono i vessilli che garriscono al vento spavaldi?

Dove sono le romantiche cariche di cavalleria con decine di sciabole sguainate che luccicano al sole?

Quello che i tuoi occhi hanno visto finora non è quello che hai sognato da ragazzo sui libri di avventure!

Così come queste non sono le invitanti montagne che immaginavi ti aspettassero quando ti è arrivata quella lettera che ti aggregava a una compagnia di Alpini.

Dove sono le cime innevate da cartolina?

Dove sono i camosci e gli stambecchi?

Dove sono le stelle alpine per le belle innamorate?

Hai sbagliato tutto?

Forse!...

Ma da sempre, d’altronde, hai sempre scelto di sbagliare!

Anche se quel maledetto giorno non fu tua la scelta.

Qualcuno scelse per te, distruggendo la tua vita con un addio.

E disse che lo faceva anche per te,… per il tuo bene…

Ma quale bene?

Ancora oggi te lo ricorda la ciocca dei suoi capelli, chiusa nel medaglione che porti sul petto,... te lo ricorda quella lettera scritta anni fa e che solo la morte potrà portarti via...

Ti senti vuoto, capitano?

Coraggio: sono cose che succedono, nella vita!

E ora dopo ora bisogna trovare nuove forze, rinascere ogni volta dalle proprie ceneri come la fenice.

In fondo l’avevi sempre detto che non avresti mai chinato il capo e che la Morte, il giorno che fosse venuta a prenderti, ti avrebbe dovuto trovare vivo.

Quanti uomini ucciderai ancora?

Chi sarà quello che ti strapperà alla vita?

Quanto durerà domani la tua agonia?

Ma ci arriverai a domani?

Quella postazione lassù, che domina il passo e miete decine di vittime fra i nostri, va ridotta al silenzio e toccherà a voi, agli Alpini, a quelli dell’”Exilles”, di salire stanotte lassù a farla tacere.

Avete marciato per giorni per raggiungere la base di quella montagna, sulla riva sinistra dell’Isonzo, fra le conche di Plezzo e di Tolmino.

Con voi c’è tutta la Seconda Armata, ma sarà il tuo plotone, capitano, il primo che si muoverà nel buio, sperando che le stelle si accendano per facilitarvi la scalata, ma pregando al tempo stesso anche che quelle stesse stelle si spengano per rendervi invisibili agli occhi degli austriaci.

È mezzanotte!

È ora!

Gli Alpini, i tuoi Alpini, salgono silenziosi per una via impensabile e inaspettati colgono di sorpresa le vedette.

I pugnali tagliano silenziosi e implacabili quelle povere gole e dopo pochi minuti la rabbia italiana si scaglia sui difensori increduli.

Sono tornate a risplendere le stelle nel cielo scuro e le baionette brillano nel tenue chiarore di quella luna primaverile.

Non sentite più nemmeno il freddo di quota 2.245, vero capitano?

Sarà il calore provocato dall’eccitazione della battaglia o quello del sangue nemico che mischiato col vostro vi inzuppa le casacche?

Non lo sai neppure tu!

Ma quel grido, “Savoia!”, uscito dalle vostre gole, riscalda da solo più del fuoco di mille falò.

Si spara all’impazzata e si combatte all’arma bianca, senza quartiere.

Si grida, si cade e si muore.

Ma poi all’improvviso, così come era incominciata, quella carneficina finisce.

Ora il Monte Nero è in mano degli italiani e quella maledettissima mitraglia non falcerà più nessuno.

O almeno fino a quando gli austriaci non riusciranno a riprenderselo.

Per qualche ora, comunque, potrai tirare il fiato.

16 giugno…

Li senti, vero, capitano?

Si muovono già nell’oscurità.

Non gli è andato proprio giù il brutto scherzo che gli avete fatto e sembra che abbiano tutte le intenzioni di farvela pagare.

Qualcuno deve restare a difendere quota 2.245 e questo qualcuno siete voi, Alpini dell’”Exilles”.

D’altra parte sai che a qualcuno sarebbe dovuto toccare e questa volta ti rendi conto di non avere in mano le carte migliori.

Sarà l’ultima partita?

Chissà!

Ancora una volta l’avversario sarà la Fortuna e con lei a volte hai vinto e a volte hai perso.

Con l’arrivo della luce saprai se quella sarà o no la tua ultima alba.

Li senti ancora, capitano?

Li senti, ma non li vedi, perché i tuoi occhi sono appannati.

Appannati dalla stanchezza, ma anche dal ricordo di lei, di lei che non assomiglia a nessun altra e che avresti voluto aver incontrato da sempre.

Che coppia sareste stati!

Com’è banale adesso tutto questo!

Rileggi ancora quella lettera,... risenti ancora, come in sogno, il profumo di quei lunghi capelli neri,... ricordi ancora le sue parole:

“A che pensi?...

Ti amo!...

Vorrei vivere con te...

È finita!...”

Fa ancora male, vero, capitano?

Forse soffrirai di meno nel sentirti mordere e lacerare la carne, nel vedere la neve arrossarsi del tuo sangue, nel sentire il tuo respiro che si affievolisce sempre di più, per finire poi in un ultimo rantolo soffocato.

Forse in questo modo tornerai ad essere finalmente libero.

È ora, capitano!...

Eccoli che arrivano!...

È ora, capitano!...

Oggi è il 16 di giugno!...

Eccoli che arrivano:...

...oggi è un bel giorno per morire!...