Le memorie di Agnese - Gruppo Alpini Arcade


Associazione Nazionale Alpini


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Le memorie di Agnese

Tutte le edizioni > Edizione20
ASSOCIAZIONE NAZIONALE ALPINI
Sezione di Treviso e Gruppo di Arcade

PREMIO LETTERARIO
Parole Attorno al Fuoco
PREMIO NAZIONALE PER UN RACCONTO SUL TEMA

“La Montagna: le sue storie, le sue genti, i suoi soldati, i suoi problemi di ieri e di oggi”

XX EDIZIONE - Treviso, 4 Gennaio 2015
Secondo classificato

La memoria di Agnese

di Maria Rosaria Fonso - Adria (RO)



KARL
Un boato e un intero costone innevato si staccò facendolo precipitare molto più sotto della sua postazione. Nel turbine nevoso smarrì la mitragliatrice e l'orientamento. Un dolore in mezzo alla schiena gli mozzava il respiro. Ma il fuoco italiano sibilava troppo vicino: doveva andarsene da lì! Si trascinò al riparo tra gli alberi del bosco aiutandosi con le braccia, piangendo per ogni fitta dolorosa che lo sforzo gli procurava; poi faticosamente si tirò in piedi e cominciò a camminare, come un ubriaco, in mezzo agli abeti. Andava barcollando, in discesa nella selva, senza valutare che se era precipitato verso valle e doveva risalire se voleva raggiungere la sua Armata. Ma Karl, dilaniato dal dolore non pensava. Lasciava che fosse il rumore della battaglia a segnargli il passo orientandolo in senso contrario alla  guerra: da quella lui voleva allontanarsi, per sempre.
Nel buio incombente intravide un sentiero, lo imboccò sotto un vento gelido carico di neve. Era difficile tenere la strada, ma fermarsi voleva dire morire congelato. L'ultimo pezzo di strada lo fece ruzzolando rovinosamente lungo una china ripida: era tornato bambino ora e con suo fratello Christian rotolava allegramente giù per il pendio erboso davanti alla loro casa. Ma quando l'impetuosa  discesa lo catapultò a sbattere sulla porta di legno del mulino, una fitta più lancinante delle altre lo trafisse tramortendolo.  Rimase lì, svenuto, in una notte ormai nera, come un cumulo di stracci rapidamente coperti dalla neve.

EZIO
In quella notte piena di rumori provocati dal vento gelido, udì un tonfo sordo alla porta. La moglie Mariella dormiva  profondamente, come pure il piccolo Guido nella cuna. Chissà se Agnese era ancora sveglia: niente di più facile, passava ore e ore a scrivere sui quaderni che non le bastavano mai. Poi pensò a Riccardo, con struggimento: il pensiero del figlio al fronte era costante.
Scese al buio la ripida scala di legno in uno scricchiolio che si perse coi frastuoni del vento. Prese la lampada, la accese; si avvolse nel pesante tabarro e tirò il catenaccio. Mise mano alla maniglia: la grossa  porta si aprì, come spinta da fuori. Nella tormenta non vide nulla, solo  mulinelli di neve impazzita, poi abbassò la lampada e cauto la avvicinò a quello che sembrava un cumulo di stracci: era un uomo. Lo trascinò all'interno, chiudendo velocemente l'uscio. Un debole lamento gli rivelò che era ancora vivo. In cucina lo adagiò vicino al focolare che poi accese; gli tolse delicatamente il pastrano innevato. Rimase attonito quando vide la divisa: era un kaiserjager!
"Che ci fa qua?" chiese sottovoce Mariella, scesa in cucina svegliata dal trambusto. Ezio scrollò la testa. Disse solo "E' svenuto". Lei prese del brodo avanzato e lo mise a scaldare. Poi si sedette sul pavimento, si mise la testa del giovane in grembo e col cucchiaio lo imboccò. Lui sorbiva, a piccoli sorsi, e si lamentava.
Ezio guardava il nemico tra le braccia di sua moglie: sembravano madre e figlio. E in effetti Mariella stava pensando a Riccardo: le ossa che sentiva sporgere da quel corpo provato le rammentarono quelle del suo primogenito. Gli aveva fatto il bagno in tinozza nell'ultima licenza, troppo tempo fa, e aveva ancora sotto le dita la memoria del suo fisico che la guerra aveva reso scheletrico.
Anche Ezio vide il proprio figlio in quel soldato esanime venuto a rifugiarsi  nel suo mulino. Pochi istanti, poi la sua mente gli ricordò che quel ragazzo era il Nemico.
Quel giovane austriaco, malridotto, incosciente, sofferente, era l'avversario! E se anche a Riccardo fosse capitato di trovarsi ferito e tramortito in una casa oltre il fronte?
"Portiamolo su" disse il mugnaio a Mariella. Tra un po' la macina si sarebbe messa in moto e al  mulino sarebbe cominciato il  viavai quotidiano dei clienti. Ognuno di loro, nessuno escluso, aveva, o aveva avuto, un parente, un figlio, un marito in guerra.  "Nel granaio" aggiunse "Quando si riprenderà decideremo il da farsi".
La fatica fu tutta nella ripidezza delle scale, perché il ragazzo era leggero. Una rampa, una presa di respiro al primo piano dove c'erano le camere da letto, poi su, l'altra rampa, fino al sottotetto dove giacevano i sacchi col grano pronto per la macinatura. Nell' angolo c'era una vecchia branda inutilizzata. Lì distesero Karl avvolgendolo in una pesante coperta di lana. Poi scesero chiudendo a chiave la porta del locale. Ezio sbirciò nella stanza di Agnese: la figlia dormiva. Bene. Per prudenza le avrebbero tenuta segreta quella presenza. Scese, e mise in funzione la macina. Mariella andò in cucina, tanto non avrebbe più dormito. Si era fatta l'alba e aveva smesso di nevicare. Solo il vento continuava imperterrito a ululare.

AGNESE
Finse di dormire tranquillamente e di non essersi accorta di nulla, in realtà aveva seguito tutto. Quella sera aveva scritto fino a tardi, poi aveva provato a dormire, ma niente: troppo vento intorno alla sua casa-mulino e sul torrente, troppi spifferi, troppa voglia di vivere! E poi aveva sentito quello strano tonfo. E infatti ecco che suo padre si era mosso per andare a controllare. Ne seguì un tramestio che la fece alzare, a dispetto del freddo che cercò di contrastare avvolgendosi nel suo scialle di lana. Poi, inginocchiata, seguì ciò che avveniva in cucina, l'aveva fatto ancora, guardando nella fessura tra le assi del pavimento. Quasi non respirava per paura d'essere scoperta. Non sapeva perché, ma sentiva che il padre non avrebbe gradito che sua figlia fosse al corrente di quello che stava succedendo, meno ancora che spiasse dalle travi i movimenti dei suoi genitori.
Dai lamenti e dai tonfi su per le scale capì che avevano portato di sopra il ferito, in granaio. Sentì anche il rumore della chiave che girava nella grossa serratura. Aveva intuito bene: quella era una faccenda che nelle intenzioni dei suoi doveva rimanere segreta. Si precipitò a letto e si immobilizzò per gli occhi del genitore che era venuto a controllarla.
Scese il silenzio nella casa, ora si sentivano solo il vento e il torrente. Agnese, eccitata dagli eventi, si rigirava sotto la coperta. "Domani troverò il modo di andare a dare un'occhiatina" si ripromise spostando le lunghe trecce dal viso. Poi iniziò a sentire il familiare rumore cadenzato della macina che la cullò fino ad addormentarla.

KARL
Era certo di essere alla fine, trafitto da quel dolore acuminato. A ogni movimento si riacutizzava rimandandogli immagini di lame di baionette e di schegge di granata conficcate tra le scapole. Lontano, in una bufera di neve, veniva trascinato vicino al fuoco ad assaporare  del brodo caldo; vicino al fuoco si sgelava nell'abbraccio di una madre. Il sangue gli rifluì nelle vene spinto da un vento mugghiante nel rumore impetuoso di un torrente. E quel dolore, mio Dio, quel dolore! Capitano mi lasci morire qui: in grembo a mia madre ora sto bene. Svenne in un' incoscienza agitata dalla febbre e da sogni fluttuanti tra scene di guerra e ricordi legati alla sua casa, alla sua famiglia, ai suoi affetti. C'era una mano che lo nutriva, che lo lavava, che lo copriva e una ragazza con lunghe trecce scure, che appariva, lo guardava senza dire niente e poi spariva. Un delirio in cui perse il conto del tempo.
Quando riprese conoscenza la prima cosa che realizzò fu l'odore di farina che profumava l’aria, quindi mise a fuoco dei sacchi e un soffitto di travi. Distinse suoni regolari e ritmati dei quali presto capì la sorgente: una  macina, un torrente e tonfi di pale nell’acqua. Un mulino. Un mulino di montagna. Quando conobbe il mugnaio comprese anche che era la montagna della parte italiana: era ospite del nemico.
Il padrone di casa, salito con la moglie per portargli il pranzo, gli aveva fatto un cenno di saluto. Poi "Io Ezio, tuo nome?" gli aveva chiesto.
"Karl" aveva risposto lui.
L'uomo lo aveva guardato senza sorridere, ma nei suoi occhi non vedeva ostilità. La donna spuntata alle sue spalle aveva un'espressione dolce e materna. Di lei si poteva fidare, del marito non avrebbe saputo dire. Gli avevano indicato il pitale per i suoi bisogni e poi erano scesi, chiudendo la porta a chiave.
La scoperta lo turbò: che intenzioni avevano? Che ne avrebbero fatto di lui? E quella ragazza con le trecce, forse la figlia, che era andata a trovarlo e poi era scappata via? Non sembrava pericolosa, solo incuriosita. Ezio per il suo lavoro andava e veniva dal granaio molte volte durante il giorno; entrando gli lanciava un'occhiata, un cenno, un sorriso;  nell'orario dei pasti arrivava anche Mariella, così gli aveva detto di chiamarsi; spesso avevano il volto e le mani impolverate di farina. Gli portavano da mangiare e lui cominciava a sentirsi decisamente meglio. Il dolore che tanto lo aveva tormentato ora si era fatto sopportabile. Una costola probabilmente, che finalmente si stava risistemando.
Qual era la sua sorte? Ezio attendeva la sua guarigione per poi denunciarlo e farne di lui un prigioniero di guerra? Ma quando si sarebbe ritornati a vivere in pace? Karl non ce l'aveva con nessuno, voleva solo tornare a casa.
La ragazza, una bella ragazza, non si era più fatta vedere. Forse i suoi genitori non volevano che lei andasse nel granaio. Peccato, l'avrebbe rivista volentieri.

EZIO
Continuare a nascondere il soldato  in casa stava diventando sempre più pericoloso. Anche ieri alcuni militari italiani si erano fermati al mulino. Oltretutto aveva scoperto che Agnese sapeva e che sottraeva la chiave appesa al gancio per andare a far visita all'austriaco. Troppo esuberante quella figlia!
Ora il ragazzo stava meglio, per cui era giunto il momento di decidere: denunciarlo alle autorità, o aiutarlo a fuggire. Ezio realizzò che non voleva denunciarlo. Oh, sì, sarebbe stato un suo dovere, e lui ai doveri non era mai venuto meno, ma quell'austriaco sembrava innocuo e indifeso, vittima, come Riccardo, di una guerra insensata. Avrebbe potuto allontanarlo dal mulino e fargli attraversare il confine, che non era poi molto lontano, travestendolo e facendolo passare per un suo nipote. Concluse che si sarebbe in qualche modo consultato con Karl, e avrebbero trovato insieme la soluzione. Quando il parroco arrivò - ma non era già venuto a prendere la farina ieri? - Ezio aveva fatto la sua scelta e si sentiva decisamente più sollevato.

AGNESE
Era bello, bello, bello. Ma era anche austriaco, austriaco, austriaco. A lei però, non interessava più di tanto. Peccato che i suoi l'avevano scoperta. Pur avendo promesso che non lo avrebbe detto a nessuno, suo padre le aveva proibito di andare al granaio. Prima o poi però il soldato sarebbe sceso e allora si sarebbero incontrati.

KARL
Era certo che Ezio e Mariella volevano aiutarlo. Lo leggeva nei loro gesti, nei loro sguardi e nei loro sorrisi. Lui ora si sentiva in forze e pronto per tornare, ancora non sapeva come, in patria. Comprendeva che lì al Mulino non poteva più stare. Vedeva dalla piccola finestra del granaio l'andirivieni di donne, uomini, e anche di soldati... Doveva fuggire di nascosto, magari il mugnaio l'avrebbe aiutato rifornendolo di viveri e vestiti. Ma, se tutto andava bene, una volta finita la guerra, sarebbe tornato: a ringraziare quella splendida famiglia e anche ad approfondire la conoscenza con la bella figliola che lì ci abitava. L'avrebbe portata a ballare magari o a fare quattro passi in paese. Sorrideva inseguendo questi pensieri quando la porta venne spalancata con veemenza. Vide stagliarsi sulla soglia Ezio, con in mano un fucile. Aveva il volto talmente contratto da renderlo irriconoscibile. Grosse lacrime gli solcavano il viso. Karl alzò d'istinto le mani: il fucile era puntato contro di lui.
Stupito si chiese come aveva fatto a sbagliarsi sul conto del mugnaio: l'aveva salvato e curato per poterlo uccidere personalmente?!?  Rimasero così, uno di fronte all'altro a leggersi negli occhi. Attimi interminabili rigati dalla disperazione di Ezio,  scanditi  dallo sbigottimento di Karl più addolorato  dall'atteggiamento dell'uomo  che dalla paura di morire.
Poi arrivò Mariella, angosciata e spaventata, e dietro di lei la bella ragazza con in braccio un piccolo bimbo. Mariella disse qualcosa a suo marito e lentamente, con la mano bianca di farina, gli spostò il fucile fino a farglielo abbassare. Il singhiozzo doloroso  della figlia  ruppe la tensione e i quattro si strinsero in un abbraccio dove l'uno sosteneva l'altro. Karl abbassò le braccia, si pose la testa tra le mani e anche lui pianse.

EZIO
Dietro al parroco c'era il maresciallo dei Carabinieri con in mano un telegramma del Ministero della Guerra. La notizia del figlio morto, ucciso in trincea, esplose  devastante nel petto di Ezio. Mariella sbiancò, Agnese strinse più forte Guido che aveva in braccio, cominciando a piangere in silenzio. Quando parroco e maresciallo se ne andarono, Ezio sprangò il Mulino. Un fuoco di dolore e di rabbia si era acceso nel suo animo e stava divampando travolgendolo. Scese in cantina, prese il fucile e corse su per le scale. Avrebbe ucciso quell'austriaco, loro avevano ammazzato il suo Riccardo e lui si sarebbe vendicato su quel nemico che aveva stupidamente curato e ospitato!
Quando spalancò la porta vide Karl che sorrideva a chissà quali pensieri. Imbracciò il fucile e mirò. Lo stupore doloroso e impaurito negli occhi del ragazzo con le braccia alzate gli richiamò l'immagine di suo figlio trafitto da una baionetta o dilaniato da una granata o falciato da una mitragliatrice: neanche come era morto avevano saputo dirgli! Gli occhi gli si riempirono di lacrime. Mariella arrivò alle sue spalle affranta e sgomenta: "Non così" gli diceva "non così!".
Ha ragione, pensò Ezio, non è così che porremo fine a questa catene di morte e di dolori, non è così. Abbassò il fucile e si strinse singhiozzando alla sua famiglia.

Dedico questa memoria ai miei figli  Sara, Riccardo e Lea e ai loro figli, e ai  figli dei figli, perché ricordino che il dolore non è mai terra di vendetta, ma  luogo nel quale far fiorire vita, amore e pace .
Firmato Agnese, moglie di Karl e figlia di Ezio e di Mariella, i Mugnai della Montagna.

Giada, primogenita di Riccardo, chiuse il quaderno e lo ripose nel baule insieme ai tanti altri.
"No, non dimenticheremo nonna Agnese" sussurrò commossa. Così sancì la sua scelta: non avrebbe venduto il vecchio mulino, l'avrebbe sistemato e custodito, lì c'erano le sue radici, lì c'era un pezzo della sua storia.
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